Il Progetto

Il progetto “Vione archeologica” è nato nel 2011 con lo scopo di riscoprire la memoria storica del territorio del Comune di Vione in alta Valle Camonica (Brescia) attraverso la realizzazione di una serie di indagini storico-archeologiche che permettano la corretta collocazione cronologica e una più precisa comprensione delle testimonianze presenti sul territorio vionese, sia documentarie che archeologiche, in vista di una loro valorizzazione turistico-culturale.  Il promotore del progetto è il Comune di Vione, piccolo borgo montano (1250 m), che conta oggi con le sue frazioni di Stadolina e Canè poco meno di 750 abitanti.

Il progetto ha visto il contributo, oltre che dello stesso Comune di Vione, di Regione Lombardia, di Fondazione Cariplo, del Parco dello Stelvio, della Comunità Montana di Valle Camonica, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, del CAI Gruppo Terre Alte – Comitato Scientifico Centrale, e la direzione del Ministero dei Beni Culturali (Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio delle province di Brescia e Bergamo).

Le fasi del progetto

In primo luogo il progetto si è concentrato sull’indagine del potenziale storico degli abitati nel Comune di Vione (Vione, Stadolina e Canè), attraverso il reperimento delle fonti catastali anteriori al XX secolo (D. Gallina – D.M. Tognali, Vione con Stadolina e Canè nel Catasto napoleonico e nella toponomastica, Comune di Vione, 2014). Lo studio dei catasti storici ha permesso di aprire un’interessante finestra di approfondimento sulle famiglie del paese, sullo sfruttamento del territorio ed hanno fornito una ricchissima fonte di micro-toponimi locali, utilissimi per la ricostruzione del paesaggio antico e recente.

Tra gli edifici storici più significativi del paese di Vione ci sono i suoi luoghi di culto, in particolare la cinquecentesca parrocchiale di San Remigio e la chiesetta quattrocentesca di San Sebastiano (quest’ultima interessata da alcuni saggi archeologici durante i lavori del progetto).

Inoltre la scoperta negli anni Settanta di tombe altomedievali  ha rafforzato la consapevolezza del ricco passato storico della località.

Il sito di Tor dei Pagà

Dopo questa prima fase conoscitiva, tuttavia, le energie del progetto si sono in grandissima parte concentrate nello scavo del sito d’alta quota di Tor dei Pagà,

Il sito di Tor dei Pagà è raggiungibile da Vione, ma più agevolmente da Canè, frazione di Vione, solo tramite una ripida mulattiera, parzialmente carrozzabile, attraverso un fitto lariceto. Collocato a circa 2250 m sul livello del mare, è composto da una serie di costruzioni murarie di forma quadrangolare, realizzate in blocchi e scaglie di pietra legate con malta o a secco.
Queste strutture sono citate da fonti locali seicentesche (primo fra tutti il notaio vionese, Bernardo Biancardi, autore di una cronaca manoscritta del sec. XVII intitolata Fundamenta istoriale del forte ed antico castello di Vione) come ultimo rifugio dei pagani oppositori alla cristianizzazione portata da Carlo Magno, come indica anche la toponomastica locale. Oltre a Tor di Pagà, esiste infatti anche il Canalì de la TorPlàsa de la TorSagrà di Pagà, Funtanì di Pagà ecc. I resti murari erano da sempre visibili e infatti attirarono negli anni Settanta l’attenzione del prof. Mirabella Roberti e nel luglio del 1977 vennero parzialmente indagati. Si veda I primi scavi a Tor dei Pagà.

Nuovi scavi archeologici sono stati intrapresi a partire dal 2011: promossi dal Comune di Vione nell’ambito del progetto “Vione archeologica”, sono stati realizzati in accordo con l’Università Cattolica (prof. Marco Sannazaro, professore ordinario di Archeologia Medievale, sede di Brescia) e la direzione del Ministero dei Beni Culturali (dott. A. Breda, Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Brescia e Bergamo).

Come base operativa dei lavori è stato utilizzato il rifugio Case di Bles (2080 m) del CAI di Manerbio (BS) dove si sono svolte la rielaborazione dei dati acquisiti sul campo, ma anche le attività didattiche (lezioni sulle metodologie dell’indagine archeologica, quali ad esempio le tecniche fotografiche, il disegno tecnico dei reperti, l’uso della strumentazione utile al rilievo topografico e il fotoraddrizzamento degli elevati). La campagna si è quindi trasformata in un tirocinio di formazione archeologica e ha dato l’occasione ad alcuni studenti di svolgere approfondimenti sui reperti rinvenuti nel sito e di trovare argomento per lavori di tesi.

Fino ad oggi, alla prima campagna di ricognizione del 2011 hanno fatto seguito altre sei campagne di scavo, portando a sette il numero di anni consecutivi in cui gli archeologi hanno svolto il loro paziente lavoro di riscoperta di questa interessante storia riguardante un sito davvero unico quanto a localizzazione topografica e altitudine.