Lo scavo
Fase medievale
Gli scavi archeologici a Tor dei Pagà hanno mostrato che le leggende hanno un fondo di verità, anche se talvolta bisogna allontanarsi dalle fonti scritte e lasciarsi guidare dall’archeologia che tocca con mano la storia rimasta “scritta” nella terra.
L’archeologia, dopo numerose campagne di indagini, ha dimostrato che la fortificazione di Tor dei Pagà è esistita veramente e oggi appare come un complesso strutturale articolato: si riconoscono almeno due torri, di cui una (G) è collocata al vertice di un sistema composto da un muro di cinta poligonale (E) e una serie di edifici interni (H, I, L), una torre più piccola (B) collocata a poca distanza della precedente (poco meno di 200 metri) lungo la cresta rocciosa discendente da cima Bles, e una serie di altri edifici situati nell’area circostante (A, D e F).
Sulla base dei dati stratigrafici e dei reperti rinvenuti (soprattutto grazie alla presenza di monete), la fortificazione è ascrivibile a un’unica fase insediativa, cronologicamente collocabile tra la fine del XIII e il corso del XIV secolo.
I reperti rinvenuti (oggi in mostra al Museo Etnografico “ ‘l Zuf ” di Vione), come ad esempio punte di dardo per balestra e arco, ci paiono indizi della presenza nella fortificazione di uomini armati (e non semplicemente cacciatori), mentre il rinvenimento di bottoni, borchiette floreali da cintura in lega d’argento, ma anche fibbie da cintura in bronzo o i frammenti di un bicchiere in vetro decorato sono indizi della presenza o del passaggio nella fortificazione di persone di rango sociale relativamente elevato.
Per saperne di più sui reperti rinvenuti dal 2011 al 2014 vengono qui di seguito riportati i pannelli della sala museo spesso “L Zuf” di Vione: VISUALIZZA PANNELLI IN .PDF
Mappa Interattiva
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STRUTTURA A
Edificio di forma circolare in pietre a secco di circa 5 metri di diametro. La struttura era stata già osservata e messa in pianta da Mirabella Roberti nel 1977 e indagata compiutamente nel 2017.
La forma circolare dell’edificio aveva fatto supporre in origine che si trattasse di un ovile. Dopo gli ultimi sondaggi, la teoria più probabile è che si tratti di una struttura post-medievale/moderna ricavata utilizzando il materiale di crollo della torre B che sovrasta l’area, forse usata come riparo temporaneo dai pastori che frequentavano la zona dopo l’abbandono delle strutture fortificate.
TORRE B
La torre B è impostata direttamente sulla roccia naturale, presenta pianta quadrata e una muratura a sacco realizzata con pietre scistose sbozzate legate da malta bianco-rosata. L’interno della torre venne in parte indagato negli anni Settanta: alcune fotografie di Mirabella Roberti permettono di supporre che sia stato effettuato un saggio al suo interno nel luglio 1977.
Mirabella Roberti inoltre riferisce del rinvenimento, durante questo breve sondaggio, di una lama di coltello e una fibbia di cintura purtroppo attualmente andati perduti . Lo scavo di questi ultimi anni ha permesso di liberare la struttura dagli ingenti crolli che la ricoprivano. Sebbene non siano stati individuati i piani pavimentali della torre, lo scavo ha chiarito che questa sorgeva su una più antica area di culto protostorica (vedi la Fase Protostorica).
Reperti in fase con la vita della torre sono invece costituiti da una fibbia “a D” e da un grosso aquilino di Mainardo II e Alberto, conti del Tirolo e di Gorizia, emesso tra il 1259 e il 1275. È inoltre stata individuata una grande trave il legno, forse interpretabile come parte della scala che permetteva l’accesso alla torre. La campagna 2017 ha inoltre permesso di individuare un’area connessa alle attività di cantiere della torre, dato che a nord-est di questa, in un avvallo naturale del terreno, è stato scoperto un consistente accumulo di malta compatta.
AREA C - Sagrà di Pagà
L’area, denominata localmente Sagrà di Pagà, si trova alla base del complesso fortificato ed è stata in parte indagata nel 1976; più recentemente sono stati effettuati due piccoli saggi nel 2014 e nel 2015.
Nel corso di tali interventi di scavo sono stati messi in luce una piccola struttura in pietra e un accumulo di pietre misto a terra, molto probabilmente un residuo del crollo collassato dalla sovrastate torre B. Riconducibili a materiale caduto a valle dalla torre B sono anche probabilmente i tre oggetti rinvenuti: due lame di coltello e un borsellino in cuoio.
STRUTTURA D
Piccolo edificio di forma quadrangolare realizzato con pietre semplicemente disposte a secco in opera incerta. Si colloca a mezza costa sul versante meridionale del pendio che risale verso la struttura E ed è stato così denominato nel 1977.
Lo scavo del vano, eseguito nel 2016, non ha restituito alcun reperto, aspetto che ne rende difficile una sicura datazione. La struttura è forse interpretabile come un edificio post-medievale/moderno ad uso dei pastori che hanno frequentato l’area, realizzato riutilizzando il materiale crollato dalla soprastante struttura E.
STRUTTURA E
La struttura E, collocata nel punto più alto, costituisce il complesso più articolato del sito. Essa comprende la torre G, gli ambienti H ed L e l’area I. Tali ambienti erano contenuti in un muro di cinta costituito da diversi tratti.
Il segmento nord è formato da pietre scistose irregolari e di diverse dimensioni, disposte in modo piuttosto regolare e legate da malta. Il tratto occidentale è composto sempre da pietre scistose, ma più grandi e irregolari rispetto a quelle del muro settentrionale, disposte a secco senza utilizzo di malta. La parte meridionale della cinta si presenta in forme molto simili rispetto al muro di cinta occidentale. Qui è inoltre individuabile un’interruzione della muratura che è stata interpretata come la posizione in cui doveva trovarsi il portale di accesso agli impianti interni alla struttura E.
La frequentazione dell’edificio è databile, sulla base dei reperti rinvenuti, tra la fine del XIII e il successivo XIV secolo.
STRUTTURA F
Edificio di forma quadrangolare, suddiviso in due ambienti di dimensioni simili, realizzato con pietre semplicemente disposte a secco in opera incerta.
Si colloca a mezza costa sul versante orientale del pendio che risale verso la struttura E ed è stato così denominato nel 1977. Lo scavo della struttura, eseguito nel 2016, ha consentito il rinvenimento di una chiave moderna nei livelli d’uso di uno degli ambienti interni.
Inoltre il ritrovamento, fuori contesto, di materiale assimilabile a quello della soprastante struttura E, come chiodi da carpenteria con testa a L, chiodi da ferratura, una fibbia a D, supporta l’idea che la struttura sia stata costruita impiegando pietre provenienti dal crollo dell’edificio più antico già parzialmente scivolate verso valle.
TORRE G
L’edificio non era stato individuato nei primi rilevi dell’area degli anni Settanta ed ha costituito quindi la prima scoperta di questa nuova fase degli scavi archeologici.
La torre si trova nel punto più alto della struttura E e si colloca sull’affioramento roccioso che discende dal monte Bles. A pianta quadrata, è costruita direttamente sulla roccia e realizzata con blocchi sagomati in pietra scistosa anche piuttosto grandi.
Le murature sono realizzate a sacco e legate da malta. La struttura è completamente colmata da un livello di pietre scistose irregolari di piccole dimensioni prive di legante e da roccia naturale affiorante: si trattava del piano su cui doveva impostarsi il pavimento interno, del quale tuttavia non è rimasta traccia.
AMBIENTE H
Si tratta di uno degli ambienti rinvenuti entro la struttura E. Il vano ha pianta trapezoidale con piano d’uso in terra battuta.
Le murature sono realizzate entro un taglio ricavato nel pendio naturale appena a valle della torre G: i paramenti sono molto curati e ricordano la tecnica di realizzazione del tratto di cinta settentrionale della struttura E. Nella muratura nord è presente una nicchia forse interpretabile come nicchia porta-lume: nei suoi pressi è stata infatti rinvenuta una candela.
Nell’angolo sud-occidentale è stata invece trovata una grossa pietra scistosa disposta di piatto, che fa pensare ad una soglia. Dal piano di vita dell’ambiente H provengono alcuni reperti significativi: la chiave in ferro da mobile, una moneta del comune di Cremona (1254-1300), un dado in osso, due vaghi in pietra e uno sferico in lega d’argento, questi ultimi interpretabili forse come bottoni.
AREA I
Appena ad ovest dell’ambiente H si colloca l’area denominata I. Tale area ha una pianta rettangolare, interamente impostata entro un taglio nel pendio sul lato settentrionale e poggiata su un substrato roccioso affiorante.
Al centro si collocava un grande focolare strutturato con pietre disposte di piatto. Presso il focolare è stata intercettata un’area con il terreno intensamente scottato dall’attività del fuoco, mentre tutto attorno si è depositato uno spesso strato carbonioso ricco di reperti faunistici (resti di pasto), insieme a un frammento minimo di pietra ollare, borchiette da cintura, frammenti di un bicchiere in vetro e due monete: un denaro piccolo di Raimondo della Torre patriarca di Aquileia (1277-1281) e un denaro piccolo del comune di Padova (ante 1260-1318).
L’unico apprestamento perimetrale individuato è quello lungo il lato nord: qui è stata messa in luce una muratura in tecnica mista (pietre e legno), che potrebbe essere interpretata come una struttura di contenimento del pendio. La presenza di almeno una buca da palo con inzeppatura in pietre rinvenuta presso il focolare suggerisce la presenza di una tettoia lignea di copertura, oppure di un apprestamento funzionale alla sospensione di recipienti sopra il fuoco per la cottura.
Sembra quindi plausibile considerare l’area I come un cortile.
AMBIENTE L
L’ambiente L è collocato immediatamente a sud dell’area I. I muri perimetrali, di cui si conservano in parte le fondazioni, sono stati completamente rasati dal crollo della struttura E, ma anche dal dilavamento subito nel tempo dall’edificio posto in forte pendenza.
Al suo interno l’ambiente risulta colmato da un livello composto da terra con forte componente organica, distribuita su più strati misti a pietrame. Ciò consentirebbe di interpretare l’ambiente come una piccola stalla. Nella stessa direzione conducono i numerosi chiodi da ferratura rinvenuti.
Quindi non si tratta dell’età di Carlo Magno, ma di quel basso Medioevo che le fonti storiche, utili per le vicende della Valcamonica, segnalano come particolarmente travagliata per le lotte tra signori locali in cerca di autonomia e per i tentativi di signorie esterne di controllare politicamente ed economicamente il territorio.
La necessità di avere un rifugio temporaneo o la volontà di esibire con forza il controllo delle risorse e dei pascoli d’alta quota da parte dei nuovi signori sono forse le motivazioni che hanno portato alla creazione del sito fortificato e su cui si spera di trovare ulteriori chiarimenti nel proseguo delle ricerche.
LO SCAVO
Fase protostorica
Una prima ricostruzione della storia più antica del sito
Nell’estate del 2015, nel corso dell’annuale campagna estiva di indagini archeologiche, sono emerse importanti novità nella conoscenza della storia del sito d’alta quota di Tor dei Pagà (2250 m s.l.m.), posto ai piedi del corno di Bles nel Comune di Vione. Al di sotto delle murature e dei piani d’uso di età bassomedievale (XIII-XIV secolo) della seconda torre presente nell’area del sito (Torre B) sono venute alla luce tracce di una più antica fase di frequentazione, di epoca protostorica (che in base alle datazione radiocarboniche si colloca tra IX e V secolo a.C.), che ha visto l’accensione ripetuta di fuochi a carattere votivo.
Gli strati carboniosi indagati, disposti lungo il versante roccioso del dosso della Torre B, sono caratterizzati da resti di offerte di vario genere e dalla presenza di ossa calcinate dal fuoco.
Si tratta di una situazione ben nota in ambito archeologico, grazie a numerosi ritrovamenti che attestano pratiche simili, soprattutto nel vicino territorio altoatesino e trentino, dove siti analoghi vengono chiamati con il termine tedesco Brandopferplatz (Brand=rogo; Opfer=per offerte; Platz=luogo) che possiamo tradurre con l’espressione “luogo per roghi votivi”.
Questa particolare espressione del culto si colloca cronologicamente tra la media età del Bronzo fino alla seconda età del Ferro, con diversi casi di attardamenti fino all’epoca tardo romana. Nel rito ritroviamo degli elementi comuni, quali la scelta di aree con particolari caratteristiche (vicinanza di sorgenti o raccolte d’acqua, posizione dominante, in luoghi visibili e ben riconoscibili anche a grande distanza e talvolta strutturate con recinti, altari in pietra o percorsi intesi come vere e proprie “vie sacre”), il sacrificio di animali domestici (giovani capre, pecore, bovini, maiali) che prevedeva la successiva distruzione col fuoco di intere porzioni anatomiche accompagnate da altre offerte di cibo (manciate di cereali o pane).
Nel rogo venivano anche gettati oggetti votivi: fibule, pendagli, ex-voto in lamina di bronzo e a volte armi. Il vasellame ceramico usato per libagioni durante la pratica di culto veniva inoltre rotto intenzionalmente alla fine del rito, gettato sul fuoco o infranto a terra. La terra del rogo veniva quindi spianata per predisporre l’area alle successive cerimonie. Numerosi roghi votivi di tipo alpino (Brandopferplätze), tra cui il sito di Tor dei Pagà, risultano accomunati dalla collocazione su dossi elevati e ben visibili dal fondovalle. I fuochi, dunque, dovevano essere visibili dagli abitati, così come da altri luoghi di roghi votivi, costituendo la trama di un suggestivo “paesaggio cultuale”.
A questo proposito è molto interessante ricordare la presenza, all’imbocco della Val d’Avio nel comune di Temù, cioè sul versante opposto della valle rispetto al sito di Tor dei Pagà, dei resti di una casa della seconda età del Ferro (fine del VI – prima metà del V secolo a.C.) rinvenuti nel corso di scavi condotti dalla Soprintendenza (anni 2000-2001; 2005).
I reperti dallo scavo del rogo votivo di Tor dei Pagà
I materiali rinvenuti tra il 2015 e il 2017, ora in corso di studio, sono costituiti prevalentemente da oggetti metallici (bronzo), ceramica e frammenti scarsi ed estremamente frantumati di ossa bruciate.
Vi sono quindi degli oggetti pertinenti all’armamento, come un particolare puntale di falera (o disco per corazza/scudo), dalla forma conica e di rara attestazione, e numerose laminette ripiegate pertinenti forse a dischi di corazza